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La Storia di AVEZZANO

negli scritti di Ellegì


 
 
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Panorama Avezzano

 
Introduzione

La storia di Avezzano, dunque, dai primi anni del dopoguerra ad oggi, si potrebbe ricostruire attraverso gli scritti di Giulio Lucci, noto con lo pseudonimo di Ellegì.
È una storia vera, ma vista e filtrata – come è stato già detto nell’introduzione - attraverso l’ottica deformante di due “cafoni” avezzanesi, ignoranti e ingenui (si chiamino essi Gaetà e Vincè, oppure Biasine e Rantucce), o successivamente dello stesso Ellegì: una “mancanza di cultura”, che non impedisce tuttavia di osservare e giudicare le vicende e gli avvenimenti del nostro piccolo-grande mondo con il buon senso e la logica stringente, che sono propri di quella gente che non conosce i libri e nemmeno la lingua italiana, ma sa che cosa è la vita e quali sono i problemi reali dell’uomo.
La forma dialogica (sempre tra due personaggi, ugualmente “cafoni”) è tipica dei primi scritti di Giulio Lucci: quelli di “Lengue cattive” (anni 1949-50) e quelli di “Pìe e contrapìe” (anni 1952-54).
Si tratta di uno schema già creato e abilmente sfruttato, nella pubblicistica avezzanese, da Antonio Iatosti verso i primi anni del secolo. Su un foglio che veniva stampato a Sulmona, infatti, “Il Germe” (di ispirazione socialista), erano apparsi per più numeri i “dialoghi campagnoli” di Bartolommé e Francucce.
Tuttavia, pur con questo precedente illustre, che funge certamente da modello nella “memoria” di Giulio Lucci, i “dialoghi” di Ellegì presentano un tono nuovo, più originale, certamente più brioso e divertente, più ironico.
Ed anche quando Ellegì (dagli anni Sessanta in poi), rinunciando alla forma dialogica, compie la sua scelta definitiva, che è quella del “monologo” o dello sfogo intimo (in “Tra de nù”, rubrica di “Il Tempo”; in “Nnanze ajie specchie”, rubrica di “Marsica Domani”; in “La voce del Santuario di Pietraquaria”), si sente egualmente la presenza di due personaggi.
Sono sempre due voci, infatti, che si alternano: una più ingenua e rozza, l’altra più evoluta (almeno in apparenza) e con quel certo sussiego dell’uomo che si sente capace di dare consigli all’altro, di muovere rimproveri…, forse perché più ricco di esperienza, forse perché più anziano d’età, forse solo perché un pochino più presuntuoso. E questo interlocutore nascosto, questo “lui” a cui Ellegì si rivolge, può essere lo stesso lettore, oppure il forestiero, o l’avezzanese emigrato, o ancora le autorità, i politici, i sindacalisti…
Insomma, chiunque! purché appartenga alla sfera di esperienze, di conoscenze, di interessi, di legami e rapporti affettivi del “cafone” avezzanese rappresentato da Ellegì.

   
             
 
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