Il terremoto della Marsica - 13 gennaio 1915
di Vito La Colla |
Il terremoto del 1908, che distrusse Messina e Reggio Calabria, e molti paesi interni della Calabria, è sempre citato, sui libri e nei servizi giornalistici, come una terribile sciagura naturale che colpì l'Italia, da mezzo secolo diventato uno Stato unitario. Dopo una breve analisi dei sismi ho notato, non avendolo letto mai in altri contesti, che si trattò della "più grave sciagura naturale in Europa, per numero di vittime, a memoria d'uomo". Una caratteristica significativa che quasi nessuno cita mai. Ma invece l'altrettanto tremendo sisma della Marsica, nel gennaio del 1915, cento anni fa, viene rarissimamente ricordato, e la maggior parte delle persone ne ignora addirittura l'esistenza.
Una premessa. Spesso vedo e leggo, in pubblicazioni del ramo, un elenco dei terremoti fatto dai sismologi. E credo che loro li cataloghino in base alla violenza, alla magnitudo, ai danni provocati alle abitazioni e al paesaggio. Invece a me pare più giusto, e più rispettoso per l'uomo, elencarli in ordine di numero di vittime, perché lì sta l'estremo dolore e la crudeltà dei sismi: i morti (e anche i feriti gravi, gli invalidi).
Messina/Reggio ebbe 120.000 vittime: una cifra enorme, perché le due città, vicine pochi km una dall'altra, furono gravemente colpite e semidistrutte. Nella notte, soprattutto. Poi viene la Marsica, circa 30.000. Dopo il 1915 si deve arrivare al 1980 - Irpinia, per una cifra anch'essa drammatica e altissima: 3000 vittime. Pertanto vi fu, in Italia, un periodo di 65 anni in cui vi furono sismi con molte meno vittime, per esempio 1.400 nel Vulture, 1930.
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Il sisma del 13 gennaio 1915 si verificò nella Conca del Fucino, un grande lago prosciugato per ricavare terreno per le coltivazioni nella zona. La Marsica è la parte occidentale dell'Abruzzo, ad est di Roma, montuosa e densamente popolata.
La gente si apprestava ad uscire, per andare al lavoro o a scuola. Infatti la scossa, del 7° grado Richter, avvenne alle ore 7.48. Nonostante ciò, solo poca gente riuscì ad uscire per strada, e fu travolta dalle macerie delle case, costruite com'erano in maniera non antisismica.
Ma la cosa impressionante fu che in molti centri, Avezzano per primo, vi fu un numero enorme di vittime, tanto da eliminare, quasi letteralmente, la popolazione. Avezzano era una cittadina con 12.000, 13.000 abitanti. Ne morirono 11.300.
Inoltre, come avvenne nel 1908, la notizia del sisma arrivò a Roma, al governo, con notevole ritardo. La distruzione delle strade di collegamento, e dei pali del telegrafo, provocarono questa gravissima conseguenza. A Roma il terremoto fu avvertito nettamente, anche se non provocò gravi danni. Ma non si sapeva se le scosse avessero interessato in maniera maggiore zone vicine. Ben presto le notizie filtrarono, i collegamenti prima interrotti con la zona a oriente della capitale iniziarono a riprendere, arrivò la notizia della distruzione delle strade, giunsero le notizie dai paesi più vicini.
I soccorsi, compresa alfine la gravità dell'accaduto, si mossero solo nel pomeriggio, e arrivarono sui luoghi del disastro la mattina del 14. Distruzioni immani, interi paesi quasi completamente rasi al suolo, moltissime persone morte molte ore dopo la scossa soltanto per l'assenza di aiuto né di medicazioni. La polemica montò nei giorni successivi, e sottolineò che una grande quantità di feriti gravi avrebbero potuto essere salvati, se non vi fosse stato questo ritardo inconcepibile. Ma occorre ricordare che in quegli anni l'organizzazione per fronteggiare tali eventi, anche dopo il sisma del 1908, incontrava gravi difficoltà proprio per la mancanza di notizie, di comunicazioni istantanee, come succede già da ottant'anni in qua. Solo il telegrafo poteva mandare messaggi precisi; ma se la linea di pali e fili si interrompeva, tutto taceva e non arrivavano notizie se non frammentarie (si dice, pare che...). Il fatto che fosse inverno, in quella zona isolata e montuosa, rendeva tutto, compresa la sopravvivenza dei poveri feriti e dei senza tetto, estremamente precaria.
Il bilancio, agghiacciante, è dato da questo elenco, che ho preparato in ordine di numero di vittime, comune per comune. Il totale si aggira su di una cifra superiore ai 30.000 morti; e numerosissimi feriti e invalidi.
Prima di stilare l'elenco, ricordo che, nel secolo precedente, il XIX, si era avuto solo un sisma veramente grave, per numero di vittime: nel 1857, Regno delle Due Sicilie, 12.000 morti in Basilicata e Campania. Poi 2.313 morti nel frequentemente citato terremoto di Casamicciola, sull'isola di Ischia (anno 1883). Poi, Basilicata 1000 morti e Calabria, 500 morti, verso la metà dell'Ottocento. Pertanto, la grave sciagura nazionale, solo sei anni dopo Messina e Calabria, scosse gli animi di tutti gli italiani, già in forte tensione per i venti di guerra che si addensavano sul nostro Paese, che di lì a quattro mesi sarebbe entrato nel grande e sanguinoso conflitto mondiale. Le truppe inviate sul posto, dopo i primi urgenti soccorsi, e il salvataggio di tutti i feriti, furono in parte ritirate, per la preparazione all'imminente entrata in guerra, che si profilava ogni giorno di più, con veementi adunate in tutta Italia.
Anche nel prosieguo del secolo XX, dopo queste due agghiaccianti calamità, c'era stato un lungo periodo privo di significativi terremoti, in Italia; ma dopo era avvenuto, come tutti ricordano, il sisma dell'Irpinia, feroce, nel novembre del 1980, trentacinque anni fa - circa 3.000 vittime - oltre al Belice e al Friuli, con numero di vittime, notevole, ma inferiore alle mille unità per ciascun sisma. All'Aquila, il più vicino a noi, trecento morti circa.
Unica eccezione: il sisma del 1930, nel Vulture, con 1.404 morti. Ma a parte questo, dal 1915 al 1968 (Belice, in Sicilia) per più di mezzo secolo l'Italia era stata risparmiata da gravi sciagure naturali. Occorre anche dire che nel 1930 vi fu un encomiabile e veloce intervento del governo, con efficienza e organizzazione, che potete vedere su : Terremoto del Vulture del 1930. Quando bisogna sottolineare qualche cosa buona del Fascismo, non bisogna esitare, per non essere settari e polemici. In Sicilia dicono "quando è sua, è sua".
L'antifascismo, e l'amore per la democrazia, anche zoppicante, sono, per me, sacrosanti; ma ogni tanto si deve ammettere che alcune cose buone di quel periodo bisogna ricordarle e sottolinearle.
ELENCO DEI COMUNI DELLA MARSICA CON LE VITTIME - CASI PIU' IMPRESSIONANTI
Avezzano 9.238 Pescina 5.000 Gioia dei Marsi 3.500 Collarmele 847 Cese dei Marsi 719 Magliano de' Marsi 700 Celano 658 Lecce nei Marsi 537 Aschi 400 Sora 300
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Avezzano, ripeto, fu colpita durissimamente. Rimasero vive solo duemila persone, su di una popolazione di 12.000 circa. Se ci pensate, un'ecatombe. E per fortuna le scosse non si verificarono a notte fonda, ma quando la maggior parte degli abitanti era sveglia, e si apprestava ad uscire per il lavoro o la scuola. Interi paesi distrutti, strade interrotte, ponti crollati, il freddo della prima notte che uccideva anche i pochi superstiti, autorità decimate, fra cui il sindaco di Avezzano, e le truppe di stanza nella regione, gli agenti di polizia, i carabinieri. Una tragedia, oggi quasi immersa nell'oblio. Secondo me, a motivo anche dello scoppio della guerra, il 24 maggio di quell'anno, notizia che ricacciò in secondo piano quelle del terremoto.
Ora, a distanza di cento anni, possiamo dire che successivamente al 1915 abbiamo avuto, purtroppo, molti sismi, ma non paragonabili minimamente, per numero di vittime, a quelli di inizio secolo. Quanto durerà, questa parentesi di "ordinaria amministrazione" nel mondo dei terremoti, nel nostro Paese, molto sismico e sfortunato sotto questo aspetto?
Non dimentichiamo il passato, per essere pronti, magari fra molti decenni, ad un altro terribile risveglio della natura, fra cui il Vesuvio.
Didascalie Foto :
1) Scossa registrata in Spagna il 13-1-1915 2) Carta del Lago del Fucino prima del suo prosciugamento 3) La via principale di Avezzano rasa al suolo 4) Avezzano, via Marcantonio Colonna 5) Bambino soccorso dai militari
Dai media dell'epoca - Archivi : La Marsica: la nostra storia...
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