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Sogno di mezz'estate

di Lorenzo Cipollone

 

Sogno di mezz'estate Sogno di mezz'estate
   
Maddimà me sò revejato cetto, teneva ‘na smania ‘ncojio
che scriate. Sò ditto: me ojo fa no giro pe’ jo paeso sojo sojo.
Già appena escito de casa, caccosa m’è parsa strana,
ma non ci sò dato piso: ‘nanzi casa ci resteva j’asfarto
gnovo, liscio liscio. E non se senteva la puzza de gnente.
Salenne pe via San Bonaventura sò comenzato a sentì ‘na
melodia doce doce che veneva da la piazza,
‘na cosa che no ve saccio spiega. M’ha pijiato ‘na frenesia
che me sò misso a corre.
Appena escito a la piazza sò visto ‘na fontana come
quela che sta a piazza resorgimento a Vezzano.
Steva messa proprio appena la salita, prima delle scali,
L’acqua esceva da mmeso la vasca co’ tre forme de schizzo:
zico, a fontanella come quela che se fa co ji capiji ‘ncapo alle
creature, aoto, co tanta acqua e a trè cannelle.
Ajo muritto della fontana ci steva ascisa ‘na vajola:
me la so remirata bbene e ci sò reconosciuta quella ziotta
che sta ajo monumento ai caduti: finarmente era posata la
tamburella ‘nterra e se steva a reposa le raccia. Me sò stato a
remirà la scena. Dopo ‘no bejo pezzo me nne sò ito ‘mbaccia
a santa Locia, cammineva a passo sverto, faceva ‘na cria
freddo. ‘Gni tanto senteva ‘no vallo de cantà e qualche cano
ci responneva… ma la chiacchierata feneva loco: a nisciuno
deji du ci eva de parlà tanto. Ci sò misso poco a arrivà a la
casa de Mincenzo. E èccote ‘natra sorpresa. A fianco della via,
dalla parte dello piano, ci steva ‘no bejo marciapedo de matuni
giallo e verde. Poteva esse largo ‘no metro e mmeso, ma era
bejo: sia ’mbaccia alla fratta che ‘mbaccia alla via ci steva ‘no
recintiglio basso de ferro battuto, ‘gni tanto ci steva puri ‘no
paio della luce co ‘no bejo lampiono e sotto ‘no bejo assettino.
Jo marciapiedo eva ritto ‘mbaccia a campo santo.
Che ve pozzo dice, m’ha pijato ‘na smania
che me sò misso a corre pe’ sto marciapedo come ‘na frezza.
Con ‘n’attimo sò arrivato a Campo santo.
Jo marciapedo feneva con ‘no bejo assettino a angolo,
ci stevano le strisce pedonali che attraversevano la via e,
prima e doppo de queste, pe la via,
quii cosi pe fa rallentà le machine.
Me sò asciso pe me reposà. Era bejo, me steva a venì da
piagne. Sò rentrato alle Cese ‘ntempo per vedé la ziòtta
dejo monumento che resalleva ajo posto si.
Lo fori della chiesa era bianchissimo, sò salito le rampi delle
scali e puri jo spiazzo ‘nanzi la chiesa era polito,
non ci stevano le bottiglie della birra rotte.
La porta era chiusa e non sò potuto entrà,
no lo saccio comm’era dentro (ci vo natro sonno?).
Sò resalito a jo fianco ritto della chiesa pe’ ì ’mbaccia alle
casette. Lo ‘nterra era polito, non ci steva ‘na fruscia,
no ‘na carta, no ‘na cacata de cani.
I sassi erano stati recoperti da jo catramo.
Non ‘se senteva ‘no rumoro.
Po jo sò comenzato a sentì.
Ma non’era ‘no rumoro, era ‘no coro de passaritti,
tanti, e non adevano èsse tutti uguali.
‘Nsemmia aji passaritti senteva puri ‘natro rumoro,
jo sò reconosciuto: era quio de ‘n’acqua che ria forti.
Sò arrivato co’ n’attimo alla Chiesa Vecchia e me sò
creduto d’esseme perso, de no sta alle Cese: le scòle
vècchie non ci stevano più, non ci steva più manco jo
muritto ‘ntorno. Ajo posto si ci steva ‘no bejo parco a scali
larghe e commode, belle fratti aggiustate, beji arbori co’ ji
assettini sotto. Mmeso ‘na bella fontana fatta da trè prète
aggiustate: da la prèta mmeso, la più ròssa, esceva ‘no fiotto
d’acqua che sbatteva contro la prèta e faceva’ no rumoro
fòrti comme de ‘na cascata. Sò penzato che era acqua
sprecata, ma poteva esse puri che l’acqua che esceva era
sempre la stessa; alle prète de fianco ci stevano du belle
cannèlle pe’ beve. I passaritti se stevano a revejà allora,
pochi s’erano abbecinato alla pilozza pe’ beve.
Me sò fermato pe’ parecchio tempo a godereme jo spettacolo.
Ma po’ m’è repijiato la smania, me sò rarrizzato
e sò ito ‘mbaccia ajo Burghitto.
Me lo senteva che puri loco adeva esse succeso caccosa.
E era lo vero. Puri loco, da la casa de Ndonio fino ajo
capocroce, a ddo ci sta la pro Loco, ci steva ‘no marciapedo
uguale uguale a quio de santa Locia, co ji stessi matuni,
lo stesso recintijo, ji stessi lampiuni e più tanti assettini.
Steva troppo stracco, ci sò camminato ‘ncima solo pe’ ‘no
poco. Ajo primo assettino me sò asciso e me sò addormito.
Po m’hao revejato e, escenne da casa, me sò ntroppecato
aji sassi.

(Lorenzo)

Ps: Sonnà no è proebbito e no fa malo a nisciuno.
Quisto è jo sonno mi…Quarchedun’atro se pò sonnà
‘natra cosa. ‘Nsemmia potarremmo fa no paeso gnovo…
armeno co’ la fantascia.
 

Questa mattina mi sono svegliato presto, avevo una agitazione addosso
da andare via. Mi sono detto: voglio fare un giro per il paese solo solo.
Già appena uscito di casa, qualcosa mi è parsa strana,
ma non ci ho dato peso: davanti a casa c'era di nuovo l'asfalto
nuovo, liscio liscio. E non si sentiva puzza di nulla.
Salendo per via San Bonaventura ho cominciato a sentire una
melodia dolce dolce che veniva dalla piazza,
una cosa che non so spiegare. M'è preso una agitazione
che mi sono messo a correre.
Appena arrivato in piazza ho visto una fontana come
quella che sta a piazza Risorgimento ad Avezzano.
Era messa all'inizio della salita, prima delle scale,
L'acqua usciva dal centro della vasca con tre tipi di getto:
piccolo, a fontanella come quella che si fa con i capelli in testa ai
bambini, a vuoto, con tanta acqua e a tre cannelle.
Al muretto della fontana c'era seduta una ragazza:
l'ho osservata bene e mi sembrava quella giovane "anziana"
che sta al monumento ai caduti: finalmente aveva lasciato la
tamburella per terra e si stava riposando le braccia. Sono rimasto ad
osservare la scena. Dopo un bel po me ne sono andato davanti
a Santa Lucia, camminavo a passo svelto, faceva un po
freddo. Ogni tanto sentivo un gallo di cantare e qualche cane
gli rispondeva... ma la chiacchierata finiva li: a nessuno
dei due gli andava di parlare molto. Impiegai poco ad arrivare alla
casa di Vincenzo. Ed ecco un'altra sorpresa. Di fianco alla strada,
sulla parte in piano, c'era un bel marciapiede di mattoni
gialli e verdi. Poteva essere largo un metro e mezzo, ma era
bello: sia davanti al cespuglio che davanti alla strada c'era un
recinto basso di ferro battuto, ogni tanto c'era anche un
palo della luce con un bel lampione e sotto una bella panchina.
Il marciapiede era dritto davanti al campo santo.
Cosa vi posso dire, mi è presa una agitazione
che mi sono messo a correre lungo questo marciapiede come una freccia.
Con un attimo sono arrivato al Campo Santo.
Il marciapiede finiva con una bella panchina ad angolo,
c'erano le strisce pedonali che attraversavano la strada e,
prima e dopo di queste, per la strada,
quei cosi per far rallentare le macchine.
Mi sono seduto per riposare. Era bello, mi stava venendo da
piangere. Sono rientrato a Cese in tempo per vedere la
giovane "anziana"
del monumento che risaliva al suo posto.
Fuori della chiesa era bianchissimo, sono salito sulle rampe delle
scale e anche lo spiazzo davanti la chiesa era pulito,
non c'erano le bottiglie della birra rotte.
La porta era chiusa e non sono potuto entrare,
non ricordo come era dentro (ci vuole un altro sonno?).
Sono risalito per il fianco dritto della chiesa per andare davanti alle
casette. Lì per terra era pulito, non c'era un rametto,
non una carta, non un escremento di cani.
I sassi erano stati ricoperti dal catrame.
Non si sentiva un rumore.
Poi l'ho cominciato a sentire.
Ma non era un rumore, era un coro di passerotti,
tanti, e non dovevano essere tutti uguali.
Insieme ai passerotti sentivo anche un altro rumore,
l'ho riconosciuto: era quello d'acqua che usciva forte.
Sono arrivato con un attimo alla Chiesa Vecchia e
credevo di essermi perso, di non trovarmi a Cese: le scuole
vecchie non c'erano più, non c'era più neanche il
muretto intorno. Al posto suo c'era un bel parco con scale
larghe e comode, bei cespugli ordinati, bei alberi con le
panchine sotto. In mezzo una bella fontana costituita da tre pietre
ordinate: dalla pietra di mezzo, la più grande, usciva un getto
d'acqua che batteva contro la pietra e faceva un rumore
forte come di una cascata. Ho pensato che era acqua
sprecata, ma poteva anche essere che l'acqua che usciva era
sempre la stessa; sulle pietre di fianco c'erano due belle
cannelle per bere. I passerotti si stavano risvegliando in quel momento,
pochi si erano avvicinati alla vasca per bere.
Mi sono fermato per parecchio tempo a godermi lo spettacolo.
Ma poi m'è ripresa la smania, mi sono alzato
e sono andato davanti al Borghetto.
Me lo sentivo che anche lì doveva essere successo qualcosa.
Ed era vero. Anche lì, dalla casa di Antonio fino al
capocroce, dove c'è la Pro Loco, c'era un marciapiede
uguale uguale a quello di Santa Lucia, con gli stessi mattoni,
lo stesso recinto, gli stessi lampioni ed in più tante panchine.
Ero troppo stanco, ci ho camminato sopra solo per un
po. Alla prima panchina mi sono seduto ed addormentato.
Poi mi sono risvegliato e, uscendo da casa, ho inciampato
ai sassi.

(Lorenzo)

Ps: Sognare non è proibito e non fa male a nessuno.
Questo è il sonno mio... Qualcun'altro può sognare
un'altra cosa. Insieme potremo fare un paese nuovo...
almeno con la fantasia.

 
        
        
Fonte: La Voce delle Cese N. 14 del 26 agosto 2007    
Dialetto cesense
Traduzione a cura di Paolo Lo Russo
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